24 gennaio 2009

Tutto in orario?


Tutto in orario?
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Non proprio... guardate la prima riga (il mio treno, ovviamente). Un'altra ora persa. Grazie, Trenitalia!

Questo è successo il 22. Il 23, invece, sono arrivato con un buon quarto d'ora di anticipo, dato che, arrivato alla stazione un po' prima del necessario, ho scoperto che il treno precedente (lo stesso del 22) aveva tre quarti d'ora di ritardo. E lo ho preso. Grazie, Trenitalia, soprattutto a nome di tutti gli altri viaggiatori, che ti avevano pagato il biglietto per arrivare in orario.

20 gennaio 2009

20/01/2009 Un giorno tranquillo - un giorno normale


20/01/2009 Un giorno tranquillo - un giorno normale
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Signori dirigenti delle ferrovie, pensiamo di andare avanti ancora per molto con questa situazione?

13 gennaio 2009

Inefficienti e bugiardi


13/01/2009
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Le ferrovie sono bugiarde! Guardate bene questa foto, e ditemi se vi sembra una cosa degna di gente onesta.

Il treno è partito con 20 minuti di ritardo, ed è arrivato a Brescia con quasi 30.

13/01/2009 ore 8:23


13/01/2009 ore 8:23
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Non ci sono parole. È una cosa indegna. I dirigenti delle ferrovie vanno messi in galera!

5 gennaio 2009

Gli effetti delle scie chimiche


Gli effetti delle scie chimiche
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Non c'è che dire: gli sciachimisti (per chi non lo sapesse, sono quei paranoici che credono che le scie degli aerei siano spruzzate apposta dai militari per non si sa quale losco scopo) sono proprio degli sfigati.
Mentre sulle loro teste (a loro dire) venivano rovesciate tonnellate di schifezze chimiche, ecco il cielo del primo gennaio dalle parti del Lagazuoi...

15 dicembre 2008

15/12/2008 Nuovo orario delle ferrovie!


15/12/2008 Nuovo orario delle ferrovie!
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Come era fin troppo facile prevedere, con il nuovo orario tutto funziona perfettamente. Adesso, mentre scrivo, il ritardo del mio treno è diventato di 25 minuti. Complimenti!

14 dicembre 2008

La logica delle ferrovie


La logica delle ferrovie
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Sto studiando le possibilità di questa nuova combinazione iPhoto-flickr-blogger, e visto che oggi è il 14 dicembre, e che domani entrerà in vigore il nuovo, meraviglioso orario delle ferrovie, non posso fare a meno di inaugurarlo con una piccola perla, fotografata qualche giorno fa...

1 ottobre 2008

La mamma degli imbecilli è sempre incinta

Se siete arrivati fin qui seguendo il link postato da un demente che crede nell'esistenza di un complotto mondiale per avvelenarci tutti con le scie degli aerei, beh, sappiate che è così inetto da avere perfino sbagliato il link. Quello giusto è questo.
Se siete arrivati qui per altra via, invece, buona lettura, anche se quasi tutto qui dentro è roba piuttosto vecchiotta!

21 agosto 2006

Crociera d'estate

Se per caso qualcuno è arrivato qui cercando il resoconto della crociera di quest'estate, lo può trovare qui

8 maggio 2006

Rùttolo sta imparando a cantare, ma è stonato come me! Però ha un'espressione simpatica:




6 maggio 2006

E' nato un nuovo robot!

E' piccolino, simpatico e si chiama Rùttolo. Lo so che non è un gran nome, ma se sentiste il rumore che fa quando si muove, capireste.



Per favore, mon chiedetemi cosa fa: per ora sta solo imparando a camminare. Che, per un robotttino, non è cosa da poco...

31 marzo 2006

L'imperatore è nudo!

Era l'evento del giorno. Il Professore, ormai a riposo da qualche anno, teneva un seminario. Tornava nel luogo dove aveva insegnato per illustrare i risultati delle ricerche continuate anche quando era uscito dal ruolo per raggiunti limiti di età e, da quanto si mormorava in giro, avrebbe comunicato scoperte interessantissime. Difatti, all'ora prevista, la vecchia e disadorna aula dell'Istituto era gremita come non mai, e si sentiva il parlottare eccitato che precede l'annuncio dei grandi eventi.
Entra il corpo accademico, precedendo l'illustre ospite che torna ad illuminare con la sua scienza quel luogo dedicato al sapere. Tutti si aspettano l'apparire di un vecchio cadente con una fronte spaziosa ornata di pochi candidi capelli, invece non dimostra affatto l'età che ha. E ha anche pochi capelli bianchi, per l'invidia di molti dei presenti.
Presentazioni, le solite battutine stupide da professori universitari che fanno ridere solo loro — ma quando impareranno ad essere un po' più spiritosi? Poi, la lezione. Il Professore illustra, con voce chiara, senza incertezze, i risultati dei suoi studi. Parla, mostra disegni, schemi, correla dati diversi ed astrusi. Ma è chiaro, anche i profani capiscono pur non sapendo valutare ciò che dice. Ogni tanto riaffiora il tono cattedratico, un po' da oratore, quello che si usa quando gli studenti bisbigliano e non stanno attenti. Ma qui non si sente volare una mosca. Tutti ascoltano. Qualcuno prende appunti. Qualcuno si meraviglia: ma non perde mai il filo, questo qua? No, non lo perde. Arriva alla fine senza un'incertezza. Applauso. Lungo.
Tradizionale stretta di mano col Direttore, e poi arriva il momento tanto temuto da tutti i conferenzieri. Qualcuno ha domande da fare?
Di solito, a questo punto cala il silenzio. Nessuno ha il coraggio di fare la prima domanda: teme che sia stupida, o non vuole apparire troppo polemico, o semplicemente vorrebbe andarsene in fretta. Invece questa volta è tutto diverso. C'è, sì, il silenzio, ma subito dagli ultimi banchi si alza una vocina, forte, squillantissima: «Io!»
Cosa ci fa un bimbo di otto anni in mezzo a questi studenti di università e a questi professori? Beh, è subito chiaro: non può essere che il nipotino del Professore, venuto (o portato?) a sentire la scienza del nonno. Ma questo non toglie che la domanda che segue sia secca e tagliente come un rasoio: «Volevo sapere cos'era quel punto interrogativo che c'era nella figura...» Ecco, ci siamo. L'Imperatore è nudo. L'area delle incognite, quella che si sperava passasse inosservata, non è sfuggita all'occhio attento del piccolo osservatore. Mentre il nonno è intenerito dalla domanda, il professore usa il suo mestiere per combinare una risposta che soddisfa l'uditorio, tutto sommato non troppo incline a risolvere questioni complesse.
Tutti se ne vanno, commentando variamente quanto hanno udito. L'aula resta vuota. Ma quel punto interrogativo che mette in dubbio tutte le teorie, quel dato che non concorda con gli altri e che sarebbe così semplice ignorare, quel passaggio che non soddisfa e che forse nasconde chissà quali altre verità, insomma quell'incubo contro cui ogni scienziato deve combattere, rimane, e fra le carte geografiche appese alle pareti e le finestre polverose, fra i libri e la lavagna echeggia ancora la vocina squillante: chi vuol fare una domanda? «Io!»

26 gennaio 2006

Murphy invernale

Non è possibile.
Non è possibile!
NON È POSSIBILEEEEEEEE!!!
Eppure succede.
Ma è incredibile.
Dunque: oggi a Brescia, verso mezzogiorno e mezzo, ha cominciato a nevicare. Non tantissimo, ma faceva molto freddo e la neve si è fermata subito. Siccome volevo arrivare a casa un po’ presto per andare poi al concerto del giovedì,  alle quattro e mezzo, appena finita la lezione, mi sono posto il problema di come fare per andare a prendere il treno. Scartata la bicicletta per ovvie ragioni di scivolevolezza, ho ripiegato sull’aborrito mezzo pubblico. Aborrito semplicemente perché funziona male. Però mi sono detto che un’ora per prendere il treno delle diciassette e trentasette bastava e avanzava, e fiducioso sono andato alla fermata.
Arrivato là, però, la vista di un folto gruppo di sconsolati studenti che aspettavano mi ha fatto intuire che la faccenda doveva essere più complicata del previsto, e sono andato all’altra fermata, dove passa l’uno, che è molto più frequente. Ma lì la folla in attesa era ancora più folta, e ho adottato il piano B. Anche perché di autobus non se ne vedevano all’orizzonte, e comunque il traffico, rallentato da cinque centimetri di neve e da cinquemila imbecilli che non sanno guidare, era ormai completamente bloccato. Qual è il piano B? Semplice: andare a piedi. Cosa che ho fatto, con una certa difficoltà perché si scivolava, ma anche con il piacere che dà una camminata sotto la neve. A proposito, l’autobus poi si è visto, ma era molto più lento di me, tanto che in tutto il percorso ne ho superati tre. E ovviamente non li ho presi.
Adesso devo parlarvi dell’interregionale 2106. Nel mio lessico privato, lo chiamo “il treno sfigato”, perché siccome viene da Venezia e non da Verona come gli altri, ha molto maggiori possibilità di accumulare ritardi. Cosa che fa con una regolarità che definirei svizzera. Ecco una selezione interessante degli ultimi dieci giorni:
 
16.01.06 17:07:14
sms2go: RITARDO di 74 minuti treno 2106 presso stazione PADOVA. Trenitalia si scusa per il disagio.
 
18.01.06 16:47:25
sms2go: RITARDO di 19 minuti treno 2106 presso stazione S.BONIFACIO. Trenitalia si scusa per il disagio.
 
19.01.06 18:00:18
sms2go: SOPPRESSIONE treno 2106 il 19/01/2006 da PADOVA a MILANO CENTRALE Inconvenienti al materiale rotabile.
 
20.01.06 17:17:30
sms2go: VARIAZIONE ritardo treno 2106 da 27 min. a 33 min. di ritardo rilevato presso VERONA P.VESCOVO.Trenitalia si scusa per il disagio.
 
24.01.06 16:47:33
sms2go: RITARDO di 10 minuti treno 2106 presso stazione S.BONIFACIO. Trenitalia si scusa per il disagio.
 
25.01.06 17:07:48
sms2go: VARIAZIONE ritardo treno 2106 da 21 min. a 30 min. di ritardo rilevato presso S.BONIFACIO.Trenitalia si scusa per il disagio.
 
Bene, avrete già capito dove voglio arrivare. Oggi, con la neve, con ogni sorta di inconvenienti che avrebbero potuto capitare, il treno 2106 è partito da Brescia in orario perfetto, allo scoccare del suo minuto, mentre io, ansante e tutto coperto di neve, entravo in stazione e lo vedevo mettersi in moto e svanire fra i bianchi fiocchi… Grande manifestazione di efficienza delle ferrovie, direte. Sarei d’accordo, se non fossi ora seduto sul treno successivo, in ritardo di 40 minuti e che sta facendo tutte le fermate per sostituire un locale che è stato soppresso. Perché, non si sa. E sono congelato perché nella nuova stazione di Brescia, scintillante di inutili cristalli e rutilante di luci superflue, non è prevista la sala d’aspetto. Signori dirigenti delle ferrovie: voi non siete solo dei cialtroni. Siete anche dei gran farabutti.


2 novembre 2005

Novella di novembre

Ho scritto una novelletta, che per una volta non c'entra proprio nulla con i treni. Spero che vi piaccia!

UN BEN STRANO PAESE


Proprio uno strano paese, T*. Me lo raccontava sempre, mio nonno, di quella volta che era stato a T*, dove, diceva, gli era capitata la più pazzesca avventura della sua vita. E in effetti, qualcosa di vero in quella storia doveva esserci, anche se adesso, a distanza di tanti anni, a ripensarci bene mi sembra un racconto proprio fantastico.

Dunque, diceva mio nonno, la stranezza di T* consisteva proprio nella sua apparente normalità. Tutto era pulito e ordinato, a T*: gli abitanti erano gentili e ospitali, e apparivano laboriosi e abbastanza benestanti. Eppure, il viaggiatore che arrivava a T* non poteva fare a meno di notare come per quella gente fosse importante il rispetto maniacale per gli orari e per tutto quello che, in una maniera o nell’altra, era connesso con la gestione del tempo. Se si chiedeva la ragione di questo, i giovani rispondevano che era così perché era naturale che fosse così, e gli anziani che era così perché si era sempre fatto così, fin da quando erano giovani i nonni dei bisnonni dei loro nonni.

Sta di fatto che, ogni volta che nasceva un bambino, la prima cosa che gli facevano, ancora prima di tagliare il cordone ombelicale, era applicargli l’orologio. Esatto: così come da noi ad ogni neonato si applica una fascetta al polso, per evitare di confonderlo e di consegnarlo poi alla madre sbagliata, così a T* gli si applicava un piccolo orologino con un cinturino di quelli che una volta chiusi non si possono più riaprire. Che se ne facesse un neonato di un orologio non è cosa che noi possiamo comprendere: di certo non lo guardava per sapere l’ora della prossima poppata! Ma questa era l’usanza, e andava rispettata.

Quando poi il bambino cresceva, ogni due anni doveva sottoporsi al cambio dell’orologio: un funzionario governativo, secondo quanto stabiliva la legge, tagliava il vecchio cinturino e ne applicava subito uno nuovo, anch’esso dotato dello stesso meccanismo di chiusura permanente. La cosa andava avanti fino ai diciotto anni, quando, con una cerimonia solenne, veniva consegnato ad ogni cittadino un bellissimo orologio d’oro, a spese dello stato, che doveva durare per tutta la vita. Anche questo, ovviamente, aveva un cinturino a chiusura permanente.

Di togliersi l’orologio, quindi, neanche parlarne. A parte l’impossibilità di farlo senza distruggerlo, la legge parlava chiaro: chi fosse stato sorpreso senza orologio sarebbe stato messo immediatamente a morte senza processo: bastava la constatazione di un pubblico ufficiale, e il poveretto era spacciato. Non solo: lo stesso destino aspettava anche chi fosse stato trovato con l’orologio fermo, o mal regolato.

Negli anni, diversi spiriti eletti avevano tentato di abolire una legge così palesemente ingiusta, di cui, oltretutto, nessuno si ricordava il perché fosse stata promulgata. Purtroppo però la legge stava nella Costituzione di T*, in una sezione speciale denominata “leggi inabrogabili”, e quindi il Parlamento non poteva far nulla per toglierla: si sarebbe dovuto cambiare la Costituzione, ma il primo articolo delle leggi inabrogabili affermava solennemente che “la Costituzione è modificabile secondo la procedura prevista dalla Legge, eccezion fatta per gli articoli della presente sezione”. Quindi, niente da fare. Quella era la legge, e la legge andava osservata.

Se l’obbligo per tutti gli abitanti di portare l’orologio era quindi inderogabile, il modo di adempierlo aveva subito, nel tempo, alcune varianti. Qualche anno prima era stata salutata come una panacea l’introduzione degli orologi elettronici, regolati via radio, che non avevano più bisogno di manutenzioni frequenti. L’operazione aveva richiesto qualche anno, perché a T* non potevano permettersi la spesa per sostituire anche gli orologi meccanici già applicati, ma pian piano, nel giro di qualche anno, quando tutti i vecchi erano ormai morti, il problema poteva considerarsi risolto. Il Governo aveva fatto installare, proprio nel centro della capitale, un altissimo traliccio che diffondeva segnali orari a tutto il paese. Di conseguenza, era stato abolito l’obbligo dei controlli mensili dell’orologio, una vera scocciatura a cui tutti gli abitanti di T* erano stati sottoposti fino ad allora. Non solo, ma la maggiore precisione degli orologi elettronici aveva reso inutile il colpo di cannone orario. Proprio così: come in molte città, a mezzogiorno, si spara, o si sparava, un colpo di cannone, a T* se ne sparava uno ogni ora, giorno e notte, ogni giorno dell’anno. Vi lascio immaginare come fossero riposanti, prima, le notti a T*…

Finalmente tutto filava liscio a T*, e gli abitanti attendevano alle loro occupazioni con un ritmo ben scandito dai cadenzati segnali elettronici della torre al centro del paese, finché un giorno scoppiò lo scandalo destinato a passare alla storia di T* come il caso dello smemorato del parco.

Ecco di che si trattava: la guardia municipale Affelk, durante il suo giro di ronda nel parco pubblico, aveva trovato, e arrestato per vagabondaggio, un vecchietto che dormiva nascosto dietro un cespuglio. A dir la verità, ad una prima occhiata gli era sembrato un cadavere, ma dopo averlo scosso ben bene il vecchietto si era ripreso e, con una lingua chiaramente impastata da abbondanti libagioni, aveva farfugliato qualcosa circa una bottiglia che gli avevano preso. Siccome le leggi di T*, a me sinceramente antipatiche, vietavano nella maniera più assoluta alcune attività di per sé innocenti come il dormire nel parco, ad Affelk non era rimasta altra scelta che trascinare alla stazione di polizia il vecchietto, che oltretutto nella confusione del momento non riusciva a ricordare il proprio nome, e affidarlo alle cure del commissario.

E qui erano cominciate le stranezze. Il commissario, che si chiamava Bergtanz, era un vecchio poliziotto, e conosceva un po’ tutti nel paese., Ma quel vecchietto, che poi tanto vecchietto non era, proprio non si ricordava di averlo mai visto. Non solo, ma era vestito in una maniera strana, che Bergtanz ricordava di aver visto solo nelle fotografie dell’album di famiglia. E, cosa più strana di tutte, aveva al polso un orologio meccanico, di quelli che non si vedevano più da almeno trent’anni.

Bergtanz era meticoloso, e sapeva che in un caso del genere la prima cosa da fare era stabilire in maniera assolutamente certa l’identità del personaggio. Ma non sapeva bene come fare: che il vecchietto fosse del paese lo provava la presenza dell’orologio, ma il numero di matricola di quest’ultimo non era di alcuna utilità, perché i vecchi registri erano andati persi nell’incendio dell’archivio di stato una decina di anni prima.

Eppure Bergtanz sentiva che sarebbe riuscito nel suo intento. Il vecchietto continuava a dire di non ricordare il proprio nome, e Bergtanz, per aiutarlo, gli mise davanti uno specchio. Ma l’uomo non si riconosceva. Bergtanz si era chinato su di lui, dietro le sue spalle, e a un tratto il vecchietto, che dopo lo sconcerto iniziale non sembrava più per nulla preoccupato della situazione in cui si trovava, esclamò allegramente: «Ma lo sai che mi assomigli?»

Bergtanz guardò. Non poteva esserne certo, ma gli sembrava che il vecchietto potesse avere ragione, e un lampo gli attraversò la mente. Sapete, una di quelle intuizioni fulminanti che ognuno di noi ha, ma solo una o due volte in tutta la vita.

«Sei sposato?» gli chiese.
«No, no, oddio, forse, non mi ricordo bene» rispose il vecchio.
«Hai figli?»
«Credo… sì, forse uno…»
«Allora sei sposato» concluse Bergtanz, conformista come tutti i suoi concittadini. «E tua moglie come si chiama?» incalzò.
Il vecchio ebbe un lampo nello sguardo.
«Flo… Flo… Florina. Si chiama Florina!» esclamò trionfante. Bergtanz era impallidito.
«E tuo figlio?»
«Mio figlio? Quale figlio? Ah, sì… dunque, vediamo… Hanni… no, quello è mio fratello… Grubertal! Ecco come si chiama! Grubertal!»

Bergtanz era bianco come un cencio. La sua intuizione si era rivelata giusta. Dovette aggrapparsi al tavolo per non cadere, Si sedette, ansimando, sulla sedia più vicina, guardò il vecchio fisso negli occhi per un minuto buono, e poi, lentamente e con fatica, gli disse:
«Tu sei Fotner, e sei il mio trisavolo.»

* * *

L’intuizione di Bergtanz si era rivelata giusta. Era proprio il suo trisnonno, scomparso in circostanze misteriose molti anni prima, quando il padre di Bergtanz non era ancora nato. Ma non c’era da dubitarne, tutti i nomi erano giusti, e del resto anche il vecchio, appena si fu rimesso dalla sorpresa, aveva cominciato a ricordare molte cose. Prima fra tutte il suo nome, che era proprio Fotner.

Ma, direte voi, come era possibile che fosse ancora vivo? Il fratello Hanni, di due anni più vecchio di lui, era morto novantenne sessant’anni prima, e come ho già detto Fotner sembrava averne, a occhio e croce, una settantina. Eppure sulla sua identità non c’era da dubitare, e il buon Bergtanz stava perdendo il sonno e la salute, e non veniva a capo di nulla. Però non demordeva, e continuava a sfogliare e a risfogliare il rapporto della guardia Affelk, cercando di capire cosa potesse essergli sfuggito. E finalmente capì, e la scoperta fu un vero e proprio pugno in pieno petto.

Ricorderete che Affelk, quando aveva trovato il vecchio, aveva dapprima pensato che fosse un cadavere, ma che poi, dopo averlo scosso a lungo, egli si era ripreso. Oltretutto, senza gravi conseguenze, a parte quell’amnesia temporanea.

Bergtanz prese le fotografie che gli aveva fatto fare il giorno del ritrovamento, per distribuirle nella speranza che qualcuno lo riconoscesse, e le guardò con attenzione. C’era qualcosa di strano, che non quadrava… ma cosa? Bergtanz prese una lente di ingrandimento e riguardò un’altra volta. Il colletto… i bottoni… la camicia… i polsini… l’orologio… l’orologio… l’OROLOGIO! L’orologio segnava un’ora sbagliata! Non c’è da stupirsi che Bergtanz non se ne fosse accorto subito: a T* tutti gli orologi marciavano perfettamente, e non c’era mai motivo di dubitare della loro esattezza. Quindi, un orologio sbagliato era semplicemente inconcepibile. Ecco perché non se ne era accorto prima.

La verità stava facendosi strada nella mente di Bergtanz. Evidentemente, Fotner si era addormentato nel parco dopo una sbronza. Siccome era rimasto lì a lungo, il suo orologio meccanico si era fermato. Ed era rimasto fermo fino a quando Affelk scuotendolo, non lo aveva rimesso in moto. Ma allora… Bergtanz aveva capito, finalmente. Nel paese di T*, il tempo passava solo per quelli che portavano un orologio in funzione!

* * *

Quando si fu rimesso dallo stordimento che la sua scoperta gli aveva provocato, Bergtanz cominciò a riflettere sui perché delle strane leggi del suo paese, leggi che come poliziotto era costretto, spesso suo malgrado, a far rispettare. Adesso capiva le ragioni della maniacale smania di precisione nella misura del tempo; capiva perché ad un neonato si dovesse subito applicare l’orologio, altrimenti non avrebbe mai potuto crescere; capiva anche perché un adulto non avrebbe mai potuto toglierselo, senza causare gravi squilibri nella vita sociale del paese. O almeno così gli sembrava. Quindi decise di tenere per sé la sua scoperta, costasse quel che costasse. Ma aveva fatto i conti senza l’oste, che, nel suo caso, era la sua abitudine di parlare nel sonno. Fu così che una notte, mentre agitatissimo si girava e rigirava nel letto, egli bofonchiò qualcosa a proposito dell’orologio e del tempo e della vita, e la cosa non sfuggì alle orecchie attente della moglie, che in quel periodo, vedendolo così inquieto, non gli toglieva gli occhi di dosso.

La moglie non ci mise molto a capire tutta la faccenda, ma siccome non ne vedeva bene le implicazioni, ne parlò con un’amica, la moglie del professor Ephesius, il celebre fisico. Il quale, messo al corrente dalla consorte, iniziò una serie di metodici esperimenti per chiarire i lati ancora oscuri del fenomeno. Fu così che, in capo a qualche settimana, tutto era diventato perfettamente comprensibile: ogni orologio emetteva in continuazione delle onde temporali, che si trasmettevano solo a brevissima distanza al soggetto che lo indossava, e che facevano per così dire marciare il suo metabolismo, insomma, gli facevano passare il tempo. Allontanare un orologio dal suo padrone voleva dire bloccarne il tempo: il senza-orologio sarebbe rimasto in uno stato di sospensione delle funzioni vitali, proprio com’era successo a Fotner quando gli si era fermato il suo.

I sensibili strumenti di Ephesius rilevarono che le radiazioni temporali emesse dagli orologi potevano essere facilmente arrestate da vari materiali: da qui derivava la ferrea legge che imponeva a tutti di non separarsi mai dall’orologio. Ad esempio, scoprì Ephesius, una sottile lamina di piombo inserita sotto il bracciale era sufficiente ad annullarne tutti gli effetti.
Il primo a fare le spese della sensazionale scoperta di Ephesius fu Ephesius stesso, la cui moglie, che aveva sbirciato fra le carte del marito e aveva letto la comunicazione che costui stava scrivendo per l’Accademia delle Scienze, ebbe la geniale idea di mettere la lamina di piombo al polso del marito mentre questi dormiva, per potersi recare in tutta tranquillità ad un convegno amoroso col proprio amante, convegno che si protrasse per una settimana intera. Peccato però che avesse fatto i conti senza l’oste, che in questo caso era costituito dal profondo acume di Ephesius, il quale, quando si accorse che per sette giorni, contrariamente alle proprie abitudini, non aveva scritto nulla sul suo diario, comprese tutto e in un accesso d’ira cacciò di casa la moglie.

Ormai però la notizia si era diffusa, e tutti volevano provare gli effetti della lamina di piombo, per le ragioni più varie. A nulla valsero i richiami dell’autorità, che ricordava la severissima legge; a nulla i moniti dei moralisti, dei religiosi e degli studiosi, che cercavano di far vedere le insidie e i pericoli della nuova abitudine. La lamina serviva alla vecchia zitella, che sperava così di prendere tempo per trovare marito, a stolti personaggi che credevano di poter invecchiare più lentamente, ad uomini d’affari senza scrupoli che riuscivano ad eliminare gli avversari, per non parlare di tutti i ladri e ladruncoli che la usavano per derubare le loro vittime dopo averle messe, per così dire, fuori del tempo.

Siccome poi chi aveva la lamina, ovviamente, non era in grado di togliersela da solo, furono inventate macchine automatiche, programmabili, che la toglievano quando fosse passato un certo tempo. Ma era una situazione terribile: le persone non avevano più età, perché non si poteva sapere quanto tempo avessero passato, appunto, “nel tempo”, e quanto “fuori”; le attività economiche andavano a rotoli per la stessa ragione; il mercato azionario era fermo, e la musica non esisteva più.

Già, la musica: ad un certo punto ci si accorse che la mancanza delle onde temporali si trasmetteva, con un certo ritardo, anche agli oggetti inanimati. Questo era ancora peggio, perché molti fenomeni fisici, lo sapete, sono periodici, e il tempo ne misura i parametri fondamentali. Prima sparì la musica, perché le corde dei violini e delle arpe non potevano più vibrare; poi fu la volta del laghetto di T*, la cui superficie priva di qualunque ondina non lasciava più passare l’ossigeno, e i cui pesci morirono tutti. I misteriosi fenomeni periodici che sono alla base della riproduzione erano fermi, e non nacquero più bambini. La luce era strana, perché le vibrazioni che ne determinano il colore erano alterate e irregolari. La stessa voce degli abitanti si percepiva ormai a fatica. Ma il disastro si compì il giorno in cui il trasmettitore del tempo, quello che alimentava la grande antenna nel centro di T*, smise di funzionare. T* era diventato un monolitico blocco di nulla, da cui, a fatica, uscì mio nonno, portandosi dietro come ricordo uno di quegli, ormai totalmente inutili, orologi radiocontrollati.

4 ottobre 2005

Ancora Annalisa

Vi ricordate Annalisa, quella che era scappata col macchinista baffuto in un’altra novelletta?
Beh, stamattina era in vena di punzecchiare la gente che aspettava speranzosa l’arrivo dei treni. Ma un’annunciatrice della stazione non è che possa fare molto: gli annunci sono quelli che sono, e modificarli non si può. E allora?
Quando sono arrivato, trafelato più del solito perché a casa non riuscivo a trovare le chiavi, e col sedere bagnato perché la Rugginosa era rimasta sotto la pioggia fino a poco prima, Annalisa ha attaccato l’annuncio che mi interessa: “Treno interregionale ventunozerootto da Milano Centrale per Verona Porta Nuova...” e poi ha fatto una pausa.
A questo punto, ho pensato che il treno fosse in ritardo. Non ci sarebbe da stupirsi, visto che lo è quasi sempre, e soprattutto che lo è tanto di più quanto io mi sono scapicollato per arrivare in orario (conseguenza delle leggi di Murphy). Ho anche pensato che Annalisa, che ricorderete ha un animo gentile, non se la sentisse di annunciarlo, questo ritardo, per non rattristare i passeggeri. Avevo anche cominciato a snocciolare, nel profondo del mio cuore, la solita giaculatoria di maledizioni nei confronti di quei cialtroni che (non) fanno funzionare le ferrovie. Ma questa volta mi sbagliavo. Dopo una pausa lunghissima, Annalisa ha continuato: “... è in arrivo al binario sette”.
Oggi è una bella giornata. C’è il sole.

27 giugno 2005

Un po' di foto nuove...

Ho pubblicato sul mio sito qualche foto fatta due settimane fa nei dintorni di Arezzo. Qualcuno ha detto che non sono così brutte...

23 giugno 2005

Avevo ragione...

Ormai questo blog è dedicato solo alla solitaria battaglia che combatto contro l'idiozia deile ferrovie. Va bene, allora usiamolo per questo. So che qualcuno lo legge. Ricordate la lettera che ho mandato per la storia del servizio con gli sms? E la loro risposta? Beh, quello che non avevo detto è che chi ha progettato questo servizio è veramente un imbecille. Non son passate due settimane dalla loro risposta e mi trovo costretto a scrivere di nuovo. Ecco qua:

Egregio Signor Lina,

A puntuale smentita delle sue assicurazioni circa la ripresa del funzionamento del servizio in oggetto, rilevo che in data odierna il messaggio

sms2go: RITARDO di 52 minuti treno 2104 presso stazione VERONA P.NUOVA. Trenitalia si scusa per il disagio.

relativo al treno 2104 a cui sono interessato per la tratta Brescia-Milano Lambrate, è stato recapitato alle ore 16:47:28, e cioè circa 10 minuti DOPO l’orario di partenza del treno da Brescia, determinandone ancora una volta la totale inutilità.

Ovviamente, il secondo messaggio

sms2go: VARIAZIONE ritardo treno 2104 da 52 min. a 62 min. di ritardo rilevato presso PESCHIERA D.GARD.Trenitalia si scusa per il disagio.

trasmesso alle 17:07:33 è risultato altrettanto inutile.

Avendo rilevato più volte questo tipo di malfunzionamento, analizzando la collezione esaustiva di tutti i messaggi che mi sono stati trasmessi, mi sorge il sospetto che chi ha commissionato il servizio e chi lo ha realizzato non abbiano affatto capito come avrebbe dovuto funzionare.

Provo a spiegarlo:
Quando si evidenzia un ritardo superiore ad una certa soglia (credo che si potrebbero prendere come riferimento gli stessi 5 minuti che vengono usati per il calcolo dell’indice di affidabilità) deve essere IMMEDIATAMENTE trasmesso un messaggio. Se il ritardo non è ancora quantificabile il ritardo deve essere indicato come “non ancora determinato”.
A intervalli regolari, finché il treno non è effettivamente passato da un punto di controllo, devono essere trasmessi messaggi che aggiornino sul ritardo accumulato fino a quel momento. A rigor di logica, se il sistema fosse perfettamente funzionante, questa fase non sarebbe necessaria, ma non è certo il caso di Trenitalia.
Quando infine il ritardo è stato quantificato (il treno è passato da un punto di controllo) deve essere trasmesso un ultimo messaggio che specifichi che il ritardo è, almeno per il momento, consolidato.
Se durante la successiva marcia del treno il ritardo varia, la procedura deve essere ripetuta.

Questo è l’unico modo per gestire efficacemente il sistema, e ha il vantaggio di poter funzionare anche nei casi, frequentissimi, in cui Trenitalia non è in grado di fare alcuna previsione sui disservizi da essa stessa creati.

Colgo infine l’occasione per lamentare la nuovamente critica situazione dei treni interregionali sulla linea Brescia – Milano, che da diversi giorni hanno ripreso a far registrare ritardi inaccettabili.

Distinti saluti

R. Cassinis


Copia della presente, inoltrata anche tramite il sito web di Trenitalia, viene inviata, per opportuna conoscenza, alla direzione Generale Infrastrutture e Mobilità della Regione Lombardia

14 giugno 2005

Mi hanno risposto!

Dopo meno di due settimane le ferrovie hanno risposto alla mia protesta!
Questa è una buona cosa, perché vuol dire che c'è qualcuno che legge le email. Peccato che la risposta sia perfettamente in linea con la maniera cialtronesca con cui vengono gestite tutte le cose. Eccola:

Egregio Signor Cassinis
La ringraziamo per la Sua segnalazione e Le comunichiamo che da accertamenti effettuati è emerso che il sistema informazioni sms nella seconda metà di maggio ha avuto problemi tecnici che hanno inciso sulla tempestività dell'informazione stessa. Tali problemi sono stati risolti il 31/5 ed ora la situazione risulta decisamente migliorata.
Per qualsiasi informazione o segnalazione siamo a Sua disposizione.
Cordialmente
Rapporti con la Clientela
Virgilio Romano Lina
Customer Care Trenitalia ­ Stazione Milano Garibaldi

Nella seconda metà di maggio? Il vizio di mentire è così radicato in questa gente che non si accorgono neanche delle assurdità che scrivono. Io gli ho risposto così:

Egregio Sig. Lina,
Posso anche credere che dal primo giugno sia cambiato qualcosa, ma sto monitorando il sistema dal 28 febbraio, e per quanto riguarda i treni menzionati esso non ha MAI neppure lontanamente funzionato. Posso fornirne prove documentali. Inoltre, se nella "seconda metà di maggio" il sistema funzionava male, perché la clientela non è stata avvertita?
R. Cassinis


La parte buona della notizia è che effettivamente mi sembra che, almeno per i treni che mi interessano, dal primo giugno sia cambiato qualcosa (in meglio). Siccome però in questo periodo il treno lo ho usato poco, non sono ancora in grado di dire nulla. Staremo a vedere.

6 giugno 2005

Racconti dal treno: Annalisa e Guidobaldo

Annalisa faceva l’annunciatrice dei treni nella stazione di L. Tutte le mattine sedeva lì, al suo tavolo di lavoro, e cominciava la cantilena degli annunci. La sua attrezzatura era semplice: un microfono e una grossa palla di vetro, in cui Annalisa vedeva arrivare i treni. La direzione le aveva fornito un bellissimo monitor collegato direttamente al computer centrale delle ferrovie, ma Annalisa preferiva la palla di vetro perché, diceva, era molto più affidabile. La sua voce era nasale ma non sgradevole, e risuonava particolarmente limpida nelle nebbiose albe d’inverno, quando annunciava i soliti colossali ritardi dei treni dei pendolari. Questi annunci erano dolorosi per lei, che aveva un cuore gentile, e la facevano soffrire perché sapeva che ognuno di essi le attirava le maledizioni di decine di persone infuriate. Per sua fortuna, però, nessuno poteva riconoscerla, perché quasi nessuno sapeva che faccia avesse. A una voce così nota non corrispondeva un viso, e ogni passeggero si era fatto di lei un’idea diversa. Non si riusciva a capire neanche bene quanti anni avesse.
Vi svelerò un segreto: Annalisa era fra i trentacinque e i quaranta e non era particolarmente attraente. Non si era mai sposata, e viveva con la madre in un appartamentino a due passi dalla stazione, proprio di fronte alla strada ferrata. Dalla sua finestra al primo piano Annalisa vedeva passare i treni alla sua altezza. Erano così vicini che quando si fermavano al segnale, che era proprio lì davanti, lei poteva chiacchierare con i macchinisti.
Guidobaldo era un grosso e vecchio locomotore, serie E636, numero di matricola 003: uno dei primi della serie. Ne aveva viste di tutti i colori da quando, nel 1940, era stato messo in servizio la prima volta.  Aveva trainato lunghi treni passeggeri su e giù per tutta l’Italia (all’estero non poteva andare, per via della differente tensione di alimentazione), ma da diversi anni era stato relegato al servizio merci. Guidobaldo non riusciva a capire perché: in fin dei conti treni merci e treni passeggeri andavano più o meno alla stessa velocità, e quelli merci pesavano anche di più... finché un giorno Guendalina gli aveva sussurrato che si trattava di una questione di “lucch”. Lucch? E che era il lucch? No, si pronunciava lucch, ma si scriveva look, all’inglese, diceva Guendalina che, siccome faceva la carrozza letto sul Roma-Parigi, sapeva un sacco di cose. E pazientemente gli aveva spiegato che la direzione non voleva che i vecchi locomotori trainassero treni passeggeri, perché il loro aspetto e il loro colore non andavano d’accordo con quello moderno dei vagoni.
Guidobaldo non riusciva a capire. Ma come, i treni passeggeri erano lerci da far paura, tutti coperti da graffiti orribili, così mal tenuti che rischiavano di perdersi le ruote su ogni scambio, e la direzione si preoccupava dell’aspetto dei locomotori? Erano proprio dei gran cialtroni!
Comunque a Guidobaldo importava poco se il treno dietro di lui era un merci o un passeggeri. C’era solo una cosa che gli dava fastidio, anzi, molto, moltissimo fastidio: i treni merci non venivano mai annunciati. E invece una volta, quando faceva il servizio passeggeri, a ogni stazione c’erano almeno tre annunci per lui: uno quando arrivava, uno cinque minuti prima che partisse e uno quando il capostazione stava per alzare la paletta. Anzi, erano quattro, perché Guidobaldo sapeva che, ancor prima che la sua sagoma imponente si profilasse all’orizzonte, il suo arrivo era già stato annunciato.
Adesso, niente. Al massimo, quando passava accanto a un marciapiede particolarmente affollato, sentiva un “Prestare attenzione al binario sette per treno merci in transito”. Capito? Treno in transito: anonimo, senza una provenienza e senza una destinazione. Una cosa veramente avvilente.
Come tutti i treni, anche Guidobaldo ogni tanto doveva fermarsi al semaforo vicino alla casa di Annalisa. Anzi, siccome tirava un treno merci, talvolta gli toccava fermarcisi molto a lungo. Il suo macchinista per ingannare l’attesa chiacchierava con Annalisa. Lui la trovava simpatica, niente di più. Ma lei, invece, di quell’uomo con due baffoni fuori moda si era proprio innamorata. Non osava confessarlo neppure a se stessa, ma tutte le volte che sapeva che sarebbe passato davanti a casa sua, Annalisa spiava ansiosamente il disco del semaforo, e se lo vedeva rosso correva a mettersi un fiore fra i capelli. Se invece era verde, prendeva il fazzolettone della nonna, pronta ad agitarlo.
Siccome Annalisa era timida, non osava confessare il suo amore al macchinista, che non se ne era accorto. Le cose ormai andavano avanti da qualche mese, e sembrava che non ci fosse nessuna via di uscita: le soste al semaforo erano lunghe, sì, ma non tanto da consentire al discorso di diventare sufficientemente intimo. Poi c’era anche il compagno del macchinista, che di solito leggeva il giornale, ma che insomma era lì, a un passo di distanza... Annalisa era disperata.
Una mattina nebbiosa Annalisa era al lavoro, e cercava di inventarsi ritardi credibili per i treni dei pendolari (non ci azzeccava quasi mai, nonostante la palla di vetro, perché quei treni andavano in una maniera proprio impossibile, ma lei faceva sempre del suo meglio), quando a un certo punto vide profilarsi in lontananza la sagoma inconfondibile di Guidobaldo. Si avvicinava sempre di più alla stazione, già quasi si vedevano i baffoni del macchinista... Annalisa sentiva qualcosa rimescolarsi dentro di lei, e improvvisamente, senza che lei potesse farci niente, dalla bocca le uscì l’annuncio che non pensava avrebbe mai fatto: “Treno merci 867 delle ore otto e ventuno, proveniente da Torino e diretto a Venezia, è in arrivo al binario uno. Treno merci per Venezia in arrivo al binario uno”. Guidobaldo non poteva crederci. Un treno merci annunciato con tutti i crismi, ora, provenienza, destinazione, binario? Era così sorpreso e inorgoglito che gli scattò la valvola della rapida, e il treno, con i freni che fumavano e lanciavano scintille nell’incerta luce della prima mattina, si fermò in uno sferragliare impressionante. Il binario uno era proprio di fronte al gabbiotto dove lavorava Annalisa. La quale, vedendo il treno fermarsi, e sempre senza capire quello che faceva, gettò via il microfono, prese la palla di vetro e con quattro salti fu nella cabina del macchinista proprio mentre Guidobaldo, impettito per la gioia e per l’orgoglio, con un fischio e uno sbuffo si rimetteva lentamente in moto.

1 giugno 2005

(Dis)servizio Sms2go

Ho mandato questa lettera a quei cialtroni delle ferrovie. Sono proprio curioso di vedere cosa rispondono (se rispondono)


Desidero lamentare la totale inutilità del cosiddetto servizio Sms2go, a suo tempo pubblicizzato con  grande clamore nelle stazioni e sui siti di Trenitalia. Come dimostra la raccolta di tutti i messaggi che sono stati inviati a proposito dei treni 2081, 2104, 2106 e 2108 nella tratta da Milano Lambrate a Brescia e viceversa, raccolta che è stata effettuata unitamente all’ora di distribuzione di ogni messaggio, non uno solo di essi è risultato di qualche utilità alla clientela, essendo essi regolarmente in ritardo, carenti o mendaci.
Ad esempio, del colossale ritardo del treno 2108 di ieri non è stata data alcuna informazione.
Dal momento che il servizio viene pagato, suppongo abbondantemente, dalla clientela, desidero conoscere quali provvedimenti si intenda adottare per renderlo utile a qualcosa.

Distinti saluti

R. Cassinis


Copia della presente, inoltrata anche tramite il sito web di Trenitalia, viene inviata, per opportuna conoscenza, alla direzione Generale Infrastrutture e Mobilità della Regione Lombardia


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9 aprile 2005

Racconti dal treno: l'insulto al buon senso

Devo proprio scusarmi. Nell'ultimo post avevo definito "cercopiteco con la meningite" chi ha programmato il grande servizio di avvertimento via SMS dei ritardi dei treni. No, non è un cercopiteco con la meningite. È molto peggio.

Guardate questo:

   29.03.05    17:59:11    sms2go: VARIAZIONE ritardo treno 2106 da 22 min. a 27 min. di ritardo rilevato presso LONATO.Trenitalia si scusa per il disagio.

Alle 17:59:11 il treno 2106 avrebbe già dovuto essere partito da Brescia da 21 minuti. Segnalarne adesso il ritardo non è da cercopitechi: è proprio da imbecilli.

Poi, visto che hoi deciso di tenerli tutti, ecco un po' di messaggi variamente inutili:

   29.03.05    18:35:39    sms2go: RITARDO di 11 minuti treno 2108 presso stazione LONATO. Trenitalia si scusa per il disagio.


   31.03.05    17:25:36    sms2go: RITARDO di 23 minuti treno 2106 presso stazione SOMMACAMPAGNA. Trenitalia si scusa per il disagio.


   05.04.05    17:47:09    sms2go: RITARDO di 13 minuti treno 2106 presso stazione REZZATO. Trenitalia si scusa per il disagio.


   06.04.05    17:15:56    sms2go: VARIAZIONE ritardo treno 2106 da 42 min. a 75 min. di ritardo rilevato presso GRISIGNANO Z.Trenitalia si scusa per il disagio.
Un ritardo da nulla...

   06.04.05    18:17:07    sms2go: RITARDO di 16 minuti treno 2108. Trenitalia si scusa per il disagio.


   06.04.05    19:35:51    sms2go: VARIAZIONE ritardo treno 2106 da 75 min. a 144 min. di ritardo rilevato presso VERONA P.NUOVA.Trenitalia si scusa per il disagio.

Anche questo treno è un bell'esempio di eccezionale efficienza.

   06.04.05    20:08:56    sms2go: VARIAZIONE ritardo treno 2106 da 144 min. a 137 min. di ritardo rilevato presso REZZATO.Trenitalia si scusa per il disagio.


Però il colmo dell'imbecillità lo abbiamo visto con la ripetizione, per quattro volte, del messaggio che segue. Il treno 2091 è quello che parte da Milano alle 8:15. L'annuncio della soppressione è stato dato due ore e mezza dopo! Come se non si sapesse fin dal primo momento che, quando un poveraccio si butta sotto il treno, la linea rimane interrotta per ore!

   08.04.05    10:40:06    sms2go: SOPPRESSIONE treno 2091 il 08/04/2005 da MILANO CENTRALE a VERONA P.NUOVA Investimento sui binari.


   08.04.05    10:40:11    sms2go: SOPPRESSIONE treno 2091 il 08/04/2005 da MILANO CENTRALE a VERONA P.NUOVA Investimento sui binari.


   08.04.05    11:05:42    sms2go: SOPPRESSIONE treno 2091 il 08/04/2005 da MILANO CENTRALE a VERONA P.NUOVA Investimento sui binari.


   08.04.05    11:05:48    sms2go: SOPPRESSIONE treno 2091 il 08/04/2005 da MILANO CENTRALE a VERONA P.NUOVA Investimento sui binari.


   08.04.05    16:10:01    sms2go: RITARDO di 10 minuti treno 2104 presso stazione SOMMACAMPAGNA. Trenitalia si scusa per il disagio.


   08.04.05    18:27:45    sms2go: VARIAZIONE ritardo treno 2108 da 16 min. a 21 min. di ritardo rilevato presso PESCHIERA D.GARD.Trenitalia si scusa per il disagio.


Cari signori dirigenti delle ferrovie, che voi siate dei cialtroni lo avevamo già detto e dimostrato più volte. Ma questo servizio, che spacciate per gratuito, in realtà qualcuno per forza di cose lo paga. E questo qualcuno siamo noi. Siamo noi che paghiamo gli SMS inutili che distribuite in ritardo, siamo noi che abbiamo pagato il cercopiteco che ha scritto il programma che gestisce il servizio, e soprattutto siamo noi che paghiamo lo stipendio all'imbecille che ha firmato il collaudo della fornitura di un servizio che non funziona affatto. Spero solo che un giudice prima o poi scopra chi è.

19 marzo 2005

Racconti dal treno: alta tecnologia

Da quando c'è il nuovo direttore del trasporto regionale, quello col nome tedesco, per intenderci, sembra che le cose siano un po' migliorate. È vero, 'è stata una settimana (anzi due) di caos totale, ma poi pian piano i ritardi sono diminuiti, e per almeno una settimana ho viaggiato senza grandi problemi.

Qualche giorno fa ho trovato in stazione un enorme manifesto che reclamizzava la grande novità tecnologica: la possibilità, gratuita per gli abbonati, di ricevere via SMS gli annunci dei ritardi dei treni interessanti.

Fantastico, mi sono detto, questo è proprio quello che ci vuole per decidere se andare alla stazione in orario oppure se aspettare perché tanto il treno è in ritardo. E in men che non si dica, mi sono iscritto al servizio.

In men che non si dica è un po' eufemistico, perché una laurea in ingegneria elettronica e la patente di professore di informatica sono scarsamente sufficienti per interpretare un'interfaccia utente scritta da un cercopiteco con la meningite come è evidentemente quella del servizio in questione, ma alla fine, dopo un'oretta di lotta strenua con pulsanti e menù, ci sono riuscito, e sono rimasto ad aspettare gli eventi.

Eventi che non si sono fatti attendere: infatti, quella stessa notte sono caduti circa dieci centimetri di neve, che hanno gettato i trasporti italiani nel caos.

Preciso che, siccome in quei giorni l'amore della mia vita stava male, e anch'io avevo la febbre, sono rimasto a casa e non ho avuto modo di verificare di persona l'esattezza dei messaggi che ho ricevuto, e che riporto qui, integralmente ed esattamente nell'ordine in cui mi sono arrivati.



Il divertimento sarà maggiore se osserverete con attenzione data e ora dei messaggi.

   28.02.05    22.33.54    Trenitalia ti dà il benvenuto nel servizio 'sms2go per Abbonati'. La tua password è wx18e4

Grazie! Lascio la password, tanto non serve a nulla, e potevano benissimo evitare di mettercela...



   01.03.05    8.39.15    sms2go: RITARDO di 20 minuti treno 2091 presso stazione MILANO CENTRALE. Trenitalia si scusa per il disagio.

Ancora grazie. Peccato che il treno 2091 avrebbe dovuto passare da Lambrate alle 8:22; Dirmelo alle 8:39 è utilissimo...



   01.03.05    16.04.26    sms2go: RITARDO di 11 minuti treno 2104 presso stazione VERONA P.NUOVA. Trenitalia si scusa per il disagio.

Poi evidentemente il ritardo è rientrato nei limiti... Molto bene!



   02.03.05    15.59.31    sms2go: RITARDO di 19 minuti treno 2106 presso stazione VENEZIA MESTRE. Trenitalia si scusa per il disagio.

Questo è interessante. Mentre l'amore della mia vita si contorceva dai dolori, trenitalia in meno di due ore mi manda trentasei diconsi trentasei messaggi!

   02.03.05    16.06.38    sms2go: VARIAZIONE ritardo treno 2106 da 19 min. di ritardo a 27 min. di ritardo rilevato presso VENEZIA MESTRE.Trenitalia si scusa per il disagio.

   02.03.05    16.07.37    sms2go: VARIAZIONE ritardo treno 2106 da 27 min. di ritardo a 21 min. di ritardo rilevato presso MIRA MIRANO.Trenitalia si scusa per il disagio.

   02.03.05    16.09.33    sms2go: VARIAZIONE ritardo treno 2106 da 21 min. di ritardo a 27 min. di ritardo.Trenitalia si scusa per il disagio.

   02.03.05    16.10.32    sms2go: VARIAZIONE ritardo treno 2106 da 27 min. di ritardo a 20 min. di ritardo rilevato presso VIGONZA PIANIGA.Trenitalia si scusa per il disagio.

   02.03.05    16.12.42    sms2go: VARIAZIONE ritardo treno 2106 da 20 min. di ritardo a 30 min. di ritardo.Trenitalia si scusa per il disagio.

   02.03.05    16.12.59    sms2go: VARIAZIONE ritardo treno 2106 da 20 min. di ritardo a 30 min. di ritardo.Trenitalia si scusa per il disagio.

   02.03.05    16.13.03    sms2go: VARIAZIONE ritardo treno 2106 da 30 min. di ritardo a 20 min. di ritardo rilevato presso PONTE DI BRENTA.Trenitalia si scusa per il disagio.

   02.03.05    16.14.27    sms2go: VARIAZIONE ritardo treno 2106 da 30 min. di ritardo a 18 min. di ritardo.Trenitalia si scusa per il disagio.

   02.03.05    16.16.08    sms2go: VARIAZIONE ritardo treno 2106 da 18 min. di ritardo a 30 min. di ritardo rilevato presso MIRA MIRANO.Trenitalia si scusa per il disagio.

   02.03.05    16.16.46    sms2go: VARIAZIONE ritardo treno 2106 da 30 min. di ritardo a 17 min. di ritardo rilevato presso PADOVA.Trenitalia si scusa per il disagio.

   02.03.05    16.18.04    sms2go: VARIAZIONE ritardo treno 2106 da 17 min. di ritardo a 30 min. di ritardo rilevato presso DOLO.Trenitalia si scusa per il disagio.

   02.03.05    16.22.37    sms2go: VARIAZIONE ritardo treno 2106 da 22 min. di ritardo a 32 min. di ritardo rilevato presso VIGONZA PIANIGA.Trenitalia si scusa per il disagio.

   02.03.05    16.22.38    sms2go: VARIAZIONE ritardo treno 2106 da 30 min. di ritardo a 22 min. di ritardo rilevato presso PADOVA.Trenitalia si scusa per il disagio.

   02.03.05    16.23.51    sms2go: VARIAZIONE ritardo treno 2106 da 32 min. di ritardo a 20 min. di ritardo.Trenitalia si scusa per il disagio.

   02.03.05    16.27.05    sms2go: VARIAZIONE ritardo treno 2106 da 20 min. di ritardo a 34 min. di ritardo rilevato presso PONTE DI BRENTA.Trenitalia si scusa per il disagio.

   02.03.05    16.30.04    sms2go: VARIAZIONE ritardo treno 2106 da 34 min. di ritardo a 19 min. di ritardo rilevato presso GRISIGNANO Z.Trenitalia si scusa per il disagio.

   02.03.05    16.35.21    sms2go: VARIAZIONE ritardo treno 2106 da 19 min. di ritardo a 37 min. di ritardo rilevato presso PADOVA.Trenitalia si scusa per il disagio.

   02.03.05    16.40.13    sms2go: VARIAZIONE ritardo treno 2106 da 37 min. di ritardo a 21 min. di ritardo rilevato presso VICENZA.Trenitalia si scusa per il disagio.

   02.03.05    16.49.57    sms2go: VARIAZIONE ritardo treno 2106 da 21 min. di ritardo a 34 min. di ritardo rilevato presso VICENZA.Trenitalia si scusa per il disagio.

   02.03.05    16.56.44    sms2go: VARIAZIONE ritardo treno 2106 da 34 min. di ritardo a 21 min. di ritardo rilevato presso S.BONIFACIO.Trenitalia si scusa per il disagio.

   02.03.05    16.58.02    sms2go: VARIAZIONE ritardo treno 2106 da 21 min. di ritardo a 40 min. di ritardo rilevato presso ALTAVILLA TAV.Trenitalia si scusa per il disagio.

   02.03.05    16.59.49    sms2go: VARIAZIONE ritardo treno 2106 da 40 min. di ritardo a 22 min. di ritardo rilevato presso S.BONIFACIO.Trenitalia si scusa per il disagio.

   02.03.05    17.06.05    sms2go: VARIAZIONE ritardo treno 2106 da 22 min. di ritardo a 39 min. di ritardo rilevato presso S.BONIFACIO.Trenitalia si scusa per il disagio.

   02.03.05    17.06.08    sms2go: VARIAZIONE ritardo treno 2106 da 39 min. di ritardo a 20 min. di ritardo rilevato presso S.MARTINO B.A.Trenitalia si scusa per il disagio.

   02.03.05    17.15.54    sms2go: VARIAZIONE ritardo treno 2106 da 20 min. di ritardo a 40 min. di ritardo rilevato presso S.MARTINO B.A.Trenitalia si scusa per il disagio.

   02.03.05    17.19.36    sms2go: VARIAZIONE ritardo treno 2106 da 40 min. di ritardo a 18 min. di ritardo rilevato presso VERONA P.NUOVA.Trenitalia si scusa per il disagio.

   02.03.05    17.21.45    sms2go: VARIAZIONE ritardo treno 2106 da 18 min. di ritardo a 42 min. di ritardo rilevato presso VERONA P.VESCOVO.Trenitalia si scusa per il disagio.

   02.03.05    17.29.19    sms2go: VARIAZIONE ritardo treno 2106 da 42 min. di ritardo a 15 min. di ritardo rilevato presso PESCHIERA D.GARD.Trenitalia si scusa per il disagio.

   02.03.05    17.29.50    sms2go: VARIAZIONE ritardo treno 2106 da 15 min. di ritardo a 42 min. di ritardo.Trenitalia si scusa per il disagio.

   02.03.05    17.32.46    sms2go: VARIAZIONE ritardo treno 2106 da 42 min. di ritardo a 17 min. di ritardo rilevato presso PESCHIERA D.GARD.Trenitalia si scusa per il disagio.

   02.03.05    17.33.59    sms2go: VARIAZIONE ritardo treno 2106 da 17 min. di ritardo a 42 min. di ritardo rilevato presso SOMMACAMPAGNA.Trenitalia si scusa per il disagio.

   02.03.05    17.44.28    sms2go: VARIAZIONE ritardo treno 2106 da 42 min. di ritardo a 12 min. di ritardo rilevato presso LONATO.Trenitalia si scusa per il disagio.

   02.03.05    17.44.56    sms2go: VARIAZIONE ritardo treno 2106 da 12 min. di ritardo a 42 min. di ritardo rilevato presso DESENZANO.Trenitalia si scusa per il disagio.

   02.03.05    17.51.40    sms2go: VARIAZIONE ritardo treno 2106 da 42 min. di ritardo a 12 min. di ritardo rilevato presso REZZATO.Trenitalia si scusa per il disagio.

   02.03.05    17.55.42    sms2go: VARIAZIONE ritardo treno 2106 da 12 min. di ritardo a 40 min. di ritardo rilevato presso REZZATO.Trenitalia si scusa per il disagio.


Ora voi direte che questo era un errore, che il sistema si è inceppato, che vabbè si tratta di un sistema nuovo, che va messo a punto... Anch'io ho pensato le stesse cose. Ma poi, mettendole insieme con quello che ho imparato in tanti anni di pendolarismo, ho trovato una spiegazione molto ma molto più semplice e plausibile: il fatto è che trenitalia non sa mai bene dove siano i suoi treni. Il sistema degli SMS funziona, ma se gli si danno dati sbagliati...



   03.03.05     9.16.33    sms2go: RITARDO di 56 minuti treno 2091 presso stazione MILANO CENTRALE. Trenitalia si scusa per il disagio.

Il 2091 deve sempre passare da Lambrate alle 8:22. Informazione utilissima.



03.03.05    18.19.15    sms2go: RITARDO di 10 minuti treno 2108 presso stazione PESCHIERA D.GARD. Trenitalia si scusa per il disagio.



03.03.05    18.25.48    sms2go: RITARDO di 151 minuti treno 2106 presso stazione PADOVA. Trenitalia si scusa per il disagio.

Alle 17:37 avrebbe dovuto essere a Brescia!



03.03.05    18.53.42    sms2go: VARIAZIONE ritardo treno 2106 da 151 min. di ritardo a 168 min. di ritardo rilevato presso GRISIGNANO Z.Trenitalia si scusa per il disagio.

Poi non ci sono più segnalazioni. Devono averlo dato per disperso, tanto 168 minuti sono quasi tre ore...



04.03.05    16.10.05    sms2go: RITARDO di 40 minuti treno 2106 presso stazione VENEZIA MESTRE. Trenitalia si scusa per il disagio.

Beh, ormai avete capito il gioco... Non occorrono altri commenti, fino ad arrivare alle perle che ci sono più avanti.



04.03.05    16.55.20    sms2go: RITARDO di 60 minuti treno 2104. Trenitalia si scusa per il disagio.

04.03.05    17.24.59    sms2go: VARIAZIONE ritardo treno 2104 da 60 min. di ritardo a 54 min. di ritardo rilevato presso REZZATO.Trenitalia si scusa per il disagio.

04.03.05    17.53.54    sms2go: VARIAZIONE ritardo treno 2106 da 40 min. di ritardo a 35 min. di ritardo rilevato presso DESENZANO.Trenitalia si scusa per il disagio.

04.03.05    18.39.25    sms2go: RITARDO di 34 minuti treno 2108. Trenitalia si scusa per il disagio.



07.03.05    15.11.42    sms2go: RITARDO di 10 minuti treno 2106 presso stazione VENEZIA S. LUCIA. Trenitalia si scusa per il disagio.

07.03.05    17.20.16    sms2go: VARIAZIONE ritardo treno 2106 da 10 min. di ritardo a 4 min. di ritardo rilevato presso DESENZANO.Trenitalia si scusa per il disagio.



10.03.05    15.46.26    sms2go: RITARDO di 16 minuti treno 2106 presso stazione VENEZIA MESTRE. Trenitalia si scusa per il disagio.

10.03.05    16.16.10    sms2go: RITARDO di 10 minuti treno 2104 presso stazione PESCHIERA D.GARD. Trenitalia si scusa per il disagio.

10.03.05    16.35.36    sms2go: VARIAZIONE ritardo treno 2104 da 10 min. di ritardo a 5 min. di ritardo rilevato presso REZZATO.Trenitalia si scusa per il disagio.

10.03.05    16.36.56    sms2go: VARIAZIONE ritardo treno 2106 da 16 min. di ritardo a 11 min. di ritardo rilevato presso S.BONIFACIO.Trenitalia si scusa per il disagio.

10.03.05    17.06.03    sms2go: VARIAZIONE ritardo treno 2106 da 11 min. di ritardo a 6 min. di ritardo rilevato presso SOMMACAMPAGNA.Trenitalia si scusa per il disagio.



14.03.05    15.39.28    sms2go: RITARDO di 20 minuti treno 2106 presso stazione VENEZIA S. LUCIA. Trenitalia si scusa per il disagio.

14.03.05    16.14.18    sms2go: VARIAZIONE ritardo treno 2106 da 20 min. di ritardo a 25 min. di ritardo rilevato presso PADOVA.Trenitalia si scusa per il disagio.

14.03.05    16.28.18    sms2go: VARIAZIONE ritardo treno 2106 da 25 min. di ritardo a 33 min. di ritardo rilevato presso PADOVA.Trenitalia si scusa per il disagio.

14.03.05    17.47.01    sms2go: VARIAZIONE ritardo treno 2106 da 28 min. di ritardo a 22 min. di ritardo rilevato presso DESENZANO.Trenitalia si scusa per il disagio.



15.03.05    15.42.42    sms2go: RITARDO di 20 minuti treno 2106 presso stazione VENEZIA S. LUCIA. Trenitalia si scusa per il disagio.

15.03.05    17.04.37    sms2go: VARIAZIONE ritardo treno 2106 da 20 min. di ritardo a 26 min. di ritardo rilevato presso S.BONIFACIO.Trenitalia si scusa per il disagio.



15.03.05    17.09.01    Sms2go cambia modalità di invio sms: da domani riceverai le info sui tuoi treni a partire da 30 min prima dell'arrivo del treno nella tua stazione di partenza

Oh, era ora... Questo mi sembra un modo più intelligente per nascondere la propria inefficienza



15.03.05    17.46.47    sms2go: VARIAZIONE ritardo treno 2106 da 26 min. di ritardo a 21 min. di ritardo rilevato presso DESENZANO.Trenitalia si scusa per il disagio.

15.03.05    18.25.00    sms2go: RITARDO di 23 minuti treno 2108 presso stazione VERONA P.NUOVA. Trenitalia si scusa per il disagio.

15.03.05    18.58.12    sms2go: VARIAZIONE ritardo treno 2108 da 23 min. di ritardo a 18 min. di ritardo rilevato presso REZZATO.Trenitalia si scusa per il disagio.



Difatti, a partire dal giorno successivo, le cose sono radicalmente cambiate:

18.03.05    17.35.24    sms2go: RITARDO di 12 minuti treno 2106 presso stazione LONATO. Trenitalia si scusa per il disagio.

(Trasmesso due minuti prima dell’orario di arrivo a Brescia)



18.03.05    18.40.13    Si informano i Sigg. viaggiatori che per cause tecniche  il treno viaggia con un ritardo di 35 minuti circa. Trenitalia si scusa per il disagio.

Quale? Quello prima o quello dopo?



18.03.05    18.40.17    sms2go: FERMO IN LINEA treno 2108 presso PESCHIERA D.GARD Guasto al locomotore. Ritardo 34 minuti.

Anche di questo treno, che per fortuna non dovevo prendere, poi non si è saputo più nulla. Ci credo che manca il materiale: se ogni giorno si perde un treno...



Per ora mi fermo qui, perché altri messaggi non ne ho ricevuti (durante il fine settimana il servizio non funziona). La conclusione non può essere altro che la solita: signori dirigenti delle ferrovie, nonostante gli sforzi del vostro capo regionale, a cui riconosco il merito di essersi dato un po' da fare per migliorare la situazione, continuate ad essere, nel pieno della vostra incompetenza tecnica e manageriale, degli immensi, innominabili cialtroni.

Interruzione nel blog

È un mese che non scrivo. È stato un periodo bruttissimo: l’amore della mia vita è stato male, e tutte le mie energie sono state tese a darle quel poco di sollievo che potevo darle. Non era una cosa grave, per fortuna, ma ha comportato sofferenze terribili. Adesso le cose vanno meglio, incrociando le dita, e posso provare a riprendere qualche raccontino, come quello che segue.

20 febbraio 2005

Addio alla Rugginosa

In un messaggio precedente avevo fatto un cenno alla Rugginosa, la fedele bicicletta che mi accompagna da anni, ogni giorno, da casa alla stazione di Lambrate. Si trattava di un ferrovecchio, acquistato da un mio dottorando barattandolo con tre batterie usate da telecamera.
Era un capolavoro di ingegneria, dotato di tutti i più moderni ritrovati, fra cui una scatola di plastica, ricordo di un congresso di più di vent'anni fa, che fungeva da portapacchi.
Per evitare che me la rubassero, la tenevo religiosamente sporca e arrugginita, e la legavo sempre con due catene, una davanti e una dietro.
E ora, come avrete intuito dal titolo, la Rugginosa non esiste più. L'avranno rubata, penserete voi... E invece no. Non me l'hanno rubata. E non sono stati dei vandali a distruggermela.
E' successo solamente che ero stanco di spendere, per fare i due chilometri scarsi del mio percorso milanese quotidiano, l'energia necessaria a mettere in orbita lo Sputnik. Allora ho portato la Rugginosa da un simpatico ciclista, che con modica spesa le ha sistemato tutti gli organi meccanici. E, già che c'era, la ha lustrata tutta! Adesso è bella, azzurra e scintillante. Basta appoggiare i piedi sui pedali e parte come un razzo. Ha perfino i freni, che prima erano solo un lontano ricordo.
Ma non è più la Rugginosa.

7 febbraio 2005

Un giorno triste

Oggi è un giorno triste. È morto Lazar Berman. Un grosso e schivo orso russo, capace di far traballare un pianoforte sotto le sue zampacce possenti, ma anche di accarezzarlo con una delicatezza che assai raramente mi è capitato di sentire. Mi aveva dato grandi emozioni, tanti anni fa, ai tempi dei concerti del Conservatorio. Ne ricordo uno in cui suonava un bis dopo l’altro, stravolto dalla stanchezza, ma incapace di negarsi ai nostri applausi. Grazie, caro Maestro.

25 gennaio 2005

Racconti dal treno: Agostino il locomotore (una storia quasi vera)

Agostino era un vecchio locomotore elettrico, così vecchio che ormai lo usavano soltanto per servizi di poco conto, là nel parco binari della stazione centrale. Lui si sentiva ancora in gamba, ma il macchinista che lo aveva in carico una volta gli aveva detto: «Caro mio, tu hai tutto il cablaggio da rifare... Un giorno o l’altro, se non stai attento, ti verrà un bel cortocircuito fulminante e ciao». Ovviamente, di portarlo in officina per una revisione generale non se ne parlava neanche: quei cialtroni che gestivano la rete ferroviaria i soldi per la manutenzione se li mettevano quasi tutti in tasca, e figurarsi se ne avrebbero spesi per quel vecchio carcassone.
Così Agostino passava le sue giornate al deposito, proprio vicino al dopolavoro dei ferrovieri. Si divertiva ad ascoltare i loro discorsi: ogni tanto arrivava anche qualche vecchio macchinista in pensione, che lui aveva conosciuto e con cui aveva viaggiato quando faceva tutti i giorni, più volte al giorno, la Milano-Torino. Capitava che lo riconoscessero e che gli dicessero delle parole affettuose.
Nel bar del dopolavoro c’era anche una televisione, sempre accesa, e Agostino, che di natura era molto curioso, la guardava attraverso una finestra. Quando lo spostavano per qualche servizio e poi lo riportavano lì, lui faceva in modo di fermarsi sempre davanti a quella finestra. Era la sua grande risorsa, quella, e lui ascoltava e ricordava tutto. Soprattutto gli faceva piacere rivedere, ogni tanto, posti in cui era stato da giovane.
Una sera, mentre i ferrovieri giocavano a briscola, la sua attenzione fu attratta da un’intervista a quel trombone del presidente della sua regione, che Agostino, che aveva il cuore rosso da sempre come il fazzoletto di quasi tutti i suoi macchinisti, disprezzava con tutte le sue forze. E quella sera gli fece molto piacere notare che anche quelli della televisione lo prendevano in giro, perché si era messo a parlare di inquinamento e a magnificare i provvedimenti da lui adottati per far calare lo smog davanti a una colonna di fumo nero. Fumo che, più lui diceva di aver pulito l’aria, più diventava nero e denso.
Agostino si domandò cosa mai potesse essere quel fumo così nero ma orlato di bianco, di cui nessuno, e meno che mai il tronfio presidente, sembrava preoccuparsi. Ma certo, ecco cos’era! Una vecchia locomotiva a vapore, riesumata per qualche strana manifestazione. Ma... Agostino si strofinò i fanali e guardò meglio. Era lei o non era lei? Sì, era proprio lei, Giovanna, la sua amica di tanti anni prima! Una distinta e alquanto giunonica macchina nera, con cui lui aveva chiacchierato qualche volta, e di cui, nel suo ardore giovanile, si era anche un po’ innamorato. Ma fra loro non c’era mai stato nulla: la differenza di età era troppa, e lei non sembrava neanche tanto interessata. Solo una sera, al tramonto, in una stazioncina di periferia, si erano trovati entrambi fermi su due binari vicini, fianco a fianco, ad aspettare il segnale di via libera. Il tempo passava, del segnale non c’era traccia, e i due parlottavano fitto fitto, Si era creata una certa intimità, finché a un certo punto, raccogliendo tutto il suo coraggio, Agostino sporgendo un pantografo aveva fatto il gesto di farle una carezza sul duomo. Ma proprio in quel momento, mannaggia, il semaforo aveva abbassato la paletta, e quel crumiro del capostazione non aveva aspettato neanche un secondo a fischiare. Giovanna era partita subito lasciandosi dietro una scia di fumo nero, e da allora non si erano più rivisti. Agostino passò tutta la serata a rimuginare vecchi ricordi.
La mattina dopo, nel parco binari, tutto era tranquillo come al solito. Agostino sonnecchiava, quando fra i vagoni in sosta cominciò a passare una strana agitazione. I vagoni non stavano più fermi sulle ruote, si facevano cenni e bisbigliavano. Agostino tese l’orecchio.
«Hai sentito? Gioele si è rotto!» diceva un vagone letto a una carrozza a due piani. «Ma no, non è possibile!» rispondeva l’altra. «Ti dico che è vero! Gli ero attaccato proprio dietro!»
Gioele era un locomotore dell’ultima generazione: tarchiato e forte, lo avevano messo a tirare lunghi treni notturni su e giù per la linea di Chiasso. Tutti i giorni andava in Germania e tornava indietro. Era un po’ spaccone, ma non era antipatico. E le giovani carrozze lo adoravano. Il giorno prima però, mentre tornava dal suo solito viaggio, una di quelle diavolerie elettroniche che aveva nella pancia era saltata, e lui era riuscito in qualche modo a trascinarsi fino al parco binari, da cui poi non c’era stato più verso di smuoverlo.
Arrivò di corsa il macchinista. «Agostino, forza, muoviamoci!» gli disse, «dobbiamo portare subito Gioele all’officina!»
Agostino nicchiava. Primo perché aveva dormito poco pensando a Giovanna, e poi perché tutta quella sollecitudine gli dava fastidio, quando dei suoi acciacchi nessuno sembrava curarsi. Ma il macchinista era impaziente, e siccome lo conosceva bene e sapeva quanto fosse orgoglioso, cominciò a fargli notare come solo lui, il vecchio Agostino, fosse in grado di fare qualcosa per il giovane e prestante Gioele. Era il tasto giusto: Agostino lentamente alzò un pantografo, e come sempre rabbrividì alla scarica quando l’archetto toccò i fili. Era una delle poche cose che ancora adesso gli davano piacere: la trovava, diceva lui, “elettrizzante”. Si mosse, andò ad agganciare Gioele che si lamentava sommessamente e partì verso l’officina. Come pesava Gioele! Gli sembrava di avere dietro due treni, ma Agostino non si dava per vinto. Glie l’avrebbe fatta vedere lui a tutti, se non era ancora capace di fare i centoquaranta con quel po’ po’ di carico dietro! E tirava come un dannato. Il macchinista cercava di rallentarlo, ma lui non se ne dava per inteso. Piano piano la velocità aumentava: quaranta, cinquanta, sessanta chilometri all’ora... E Agostino tirava sempre più forte, anche se sentiva le resistenze scoppiargli per lo sforzo. Settanta, ottanta, novanta... Adesso il carico gli sembrava un po’ più leggero. Agostino tirò uno sbuffo di aria compressa per il sollievo, e proprio in quel momento si accorse che stava attraversando la stazioncina di L..., proprio quella dove, tanti anni prima, aveva quasi accarezzato Giovanna. Fu un attimo: l’emozione si sommò allo sforzo, sovraccaricando tutti i circuiti, e qualcosa dentro ad Agostino si arroventò e prese fuoco, davanti a tutti i passeggeri che aspettavano il treno delle undici e ventidue e che guardavano stupiti quella coppia: il locomotore giovane evidentemente rotto, e quello vecchio avvolto in una nuvola di fumo acre e puzzolentissimo. Il macchinista aveva azionato il freno appena fuori dalla stazione, era saltato giù e... Piangeva? sì, piangeva. Agostino aveva capito che ormai non c’era più nulla da fare: il fumo gli aveva oscurato i parabrezza e lui non vedeva quasi nulla; tutti i suoi circuiti erano saltati, si sentiva morire... Alla fine scoppiò il tubo dell’aria compressa, il pantografo cadde e Agostino rimase immobile. Dovettero mandare una locomotiva di manovra a portarli via tutti e due.
«Non c’è niente da fare» sentenziò il capo officina dopo una rapida occhiata al disastro di Agostino. «Se me lo portavate prima, si poteva revisionare, ma adesso... Non ne vale proprio la pena.»
«Capo, guarda un po’ qui» gli disse un operaio che teneva in mano la pompa dell’olio di raffreddamento, la cui rottura era evidentemente la causa del surriscaldamento e del guasto di Agostino. «Se fosse un uomo, potresti dire che gli è scoppiato il cuore», rispose i capo. E presa la pompa, la buttò in un angolo, su un mucchio di rottami.

23 gennaio 2005

Racconti dal treno: il piccolo capotreno

La scorsa settimana è stata un vero disastro. Non parlo dei treni, che comunque ce l'hanno messa tutta per complicarmi la vita, ma di una serie di piccoli grandi guai, come la perdita del cellulare poi fortunosamente ritrovato, la rottura di un monitor fondamentale, e tante altre cosette. Per colpa di questi accidenti, venerdì ho cercato di prendere un treno diverso dai soliti, che avrebbe dovuto partire dalla Centrale alle dodici e quindici. Non credo di stupire nessuno annunciando che è partito con quaranta minuti di ritardo, che sono oi diventati un'ora per superamenti di vari treni intercity che nessuno si è sognato di dirci che avremmo potuto prendere per arrivare prima.
Quando è passato il capotreno, gli ho chiesto la solita cosa che chiedo a tutti, e cioè come si fa a parlare con questo fantomatico referente di direttrice di cui adesso, grazie all'incidente di giovedì, so con certezza il nome.
E il capotreno, che evidentemente non ne poteva più, ha cominciato a raccontarmi un sacco di cose su queste sciagurate ferrovie. Molte le sapevo già, molte le immaginavo: storie di corruzione, di lotte interne di potere, e soprattutto di continue dimostrazioni della validità del principio di Peter: In ogni gerarchia, un dipendente tende a salire fino al proprio livello di incompetenza. Molte le ho imparate, alcune interessanti, alcune inimmaginabili. Ma non è di questo che voglio parlarvi. È del commiato, che mi ha colpito in modo particolare.
Quando infatti il treno ansimante e stanco stava per arrivare a Brescia, il capotreno mi ha detto: «Beh, comunque, a me tutto questo non interessa molto: ancora tre anni e mezzo, e ho finito.» Io gli ho risposto: «Stia attento, perché poi da pensionato la ripescano e la mettono a fare il tutor di linea» cioè l'incarico su cui avevamo cominciato a discutere e che lui considerava, con ragione, in maniera alquanto dispregiativa.
«Impossibile», mi ha risposto, «me ne vado in Ucraina. Cosa vuole, con la pensione che mi daranno qui certo non posso vivere. Ho già comprato una casa e il terreno... spero solo che la mafia non mi dia fastidio».
Ecco, questa è la conclusione di una vita di lavoro umile ma non certo facile: essere costretto a fare l'emigrante alla rovescia: non quello che va lontano a lavorare e poi torna al suo paesello a godersi gli anni della vecchiaia, ma quello che dopo aver lavorato tutta la vita per il suo paese viene buttato fuori con tanti, anzi con pochi ringraziamenti. Bello il risultato delle politiche pensionistiche dei nostri illuminati governanti.
Tanti auguri, piccolo gentile controllore che mi hai fatto passare un'ora piacevole: mentre i tuoi tronfi capi continueranno a declamare che i treni funzionano benissimo, incassando laute prebende e rubando su appalti e concessioni, tu coltiverai il tuo campicello e guarderai crescere l'insalata. Ma ne sono certo, sarai più felice tu.

A proposito, se volete sapere la causa dell'ora di ritardo con cui ho cominciato questo racconto, eccola: massimizzazione del profitto uguale riduzione del personale, per cui, a causa del ritardo di un altro treno, mancavano i macchinisti che facessero marciare il nostro.

Signori dirigenti delle ferrovie, siete dei cialtroni.

20 gennaio 2005

Verso il disastro?

Voi direte che sono monomaniaco, che non ho altri interessi che i ritardi dei treni, eccetera eccetera... Non è proprio così, ma questo è un periodo... Giudicate voi.
Dunque, stamattina sono rimasto a casa perché in ufficio non avevo appuntamenti, e visto come stanno andando le cose avevo paura di perder più tempo in viaggio che altro. Allora ho attaccato tutte le mie connessioni intermediali e mi sono messo a lavorare a casa, dove ho molte meno distrazioni.
Intanto, il Corriere aveva pubblicato una mia ennesima lettera di protesta; poi, verso le nove, la radio ha cominciato a dare notizie di un guasto terribile lungo la linea... catenaria strappata, a quanto pare. Linea interrotta, ritardi di più di tre ore. Sono stato fortunato.
I miei fax per sapere chi è il famoso referente di direttrice non hanno ancora avuto alcuna risposta (si accettano scommesse se mai arriverà qualcosa).
Signori dirigenti delle ferrovie, lo so bene che lo sfascio della vostra azienda è l'obiettivo primario di un ben preciso disegno politico, ma la vostra colpa è quella di essere acquiescenti e passivi, per non perdere il cadreghino e le corpose prebende che vi paghiamo. Per cui, signori dirigenti delle ferrovie, il mio giudizio nei vostri confronti non cambia: siete degli emeriti cialtroni.

19 gennaio 2005

Racconti dal treno: ma cosa posso mai raccontarvi?

Dopo il disastro di ieri, che era dovuto ad un fortuito accidente, uno si sarebbe aspettato che oggi le cose sarebbero andate nel migliore dei modi. Difatti, verso le otto e mezza il tabellone di Lambrate diceva:





Quando finalmente sono arrivato a Brescia, sono andato all'ufficio assistenza alla clientela (!) a chiedere il nome e il numero di telefono del "referente di direttrice", detto anche "tutor di linea", responsabile per la tratta Milano Brescia. Hanno fatto finta di non sapere di cosa stessi parlando.

Signori dirigenti delle ferrovie, siete dei cialtroni.

18 gennaio 2005

Racconti dal treno: il dramma dell'incertezza

Scusate se sto diventando noioso, ma questo mi serve come promemoria. Potete fare benissimo a meno di leggerlo. Io invece non riesco a fare a meno di scriverlo.
Allora: martedì mattina, otto e dieci: esco di casa, inforco la Rugginosa (il Che aveva “la Poderosa”, l'ispettore Clouseau aveva “la Turbinosa”, e io non posso avere la Rugginosa?) e vado alla stazione. Freddo, non c’è nebbia, sembra una mattina normale. Arrivo a Lambrate e trovo un tabellone delle partenze che sembra la fotocopia di quello che ho pubblicato qualche giorno fa: quasi tutti i treni in ritardo, tranne il mio. Bene. Arrivo al binario, saluto il collega M. e la misteriosa signora che immancabilmente, da anni, il martedì va a Brescia con una valigetta con le rotelle e che poi non vedo più per tutta la settimana, e aspetto. Passa l’Intercity per Venezia: chiaramente in ritardo, ma è normale. Del mio treno ancora nessuna traccia. Comincio a preoccuparmi un po’, anche perché il locale delle otto e un quarto per Brescia ha un ritardo di 25 minuti, e non è ancora arrivato. Questo non è un buon segno. Finalmente, verso le 8:25 (il treno doveva partire alle 8:22), puntuale come un orologio svizzero, ecco l’annuncio: causa guasto tecnico il treno bla bla subirà un ritardo di 60 minuti. Grazie tante: ma non potevate dirlo prima? Ora, dovete sapere che da Milano, intorno alle nove, partono due meravigliosi rapidi che vanno a Venezia. (Cosa servano due rapidi uno dietro l’altro è un bel mistero... Ma non complichiamoci troppo la vita.)
Io non dico che bisognerebbe far fermare questi rapidi a Lambrate per raccattare i poveracci orfani del loro treno, come non dico che bisognerebbe attrezzare un treno speciale o un pullman per quei quattro gatti, perché sono proprio quattro, che scendono e salgono nelle stazioni intermedie, ma a quelli che come me devono andare a Brescia, e per chi va a Peschiera o a Verona non costerebbe nulla prendere uno dei tanti trenini che entrano a Milano, andare alla Centrale, e ripartire in direzione opposta con uno dei due. Già, ma per farlo bisognerebbe sapere per tempo qual è il treno che partirà, anzi, che arriverà per primo.
Tornando a questa mattina, l’alternativa era complicata da quel maledetto regionale in ritardo, che sembrava essere la risorsa più promettente. Discutiamo, ipotizziamo, cerchiamo di modellizzare, da bravi ingegneri, ciò che sta succedendo... E alla fine decidiamo di prendere il locale. Ma anche questo, nel momento in cui dovrebbe arrivare, viene annunciato in ritardo, per un guasto!

Quando finalmente arriva, con un’ora di ritardo, chiedo alla controllora come posso fare per mettermi in contatto con il cosiddetto “referente di direttrice”. E lei, gentile, prova a telefonargli... Beh, ci credereste? Il referente di direttrice ha il telefono spento.

Adesso sono le diciotto e trentasette, e l’orario mi dice che sono di nuovo a Lambrate. Nevica. È tutto bianco. Strano. Il paesaggio mi sembra strano...  Familiare ma strano... Perché su quel cartello c’è scritto Pioltello? Ah, già: perché mi ero dimenticato che stasera a Romano c’è stato un guasto tecnico: dieci minuti di ritardo. E, mentre il mio treno trionfalmente attraversa la stazione, vedo come in un flash un treno fermo e vuoto, con un gruppo di ferrovieri che discutono e gesticolano animatamente, illuminando con le lampade di servizio un qualche congegno fra due vagoni, evidentemente anch’esso guasto.
Arrivo a Lambrate. Ore diciotto e cinquanta. Altri tredici minuti di ritardo. Signori dirigenti delle ferrovie: siete degli enormi, incredibili, stupefacenti cialtroni.

14 gennaio 2005

Poche parole

Le proteste dei pendolari sono servite a qualcosa: la Regione Lombardia ha sospeso i pagamenti alle ferrovie per inadempienza contrattuale, e il direttore regionale è saltato. Adesso ne hanno messo uno il cui cognome tedesco sembra garanzia di teutonica puntualità. Difatti, stamattina il tabellone delle partenze a Lambrate si presentava così (click per ingrandire):





Come si può ben vedere, il mio treno (quello delle otto e ventidue per Verona) è uno dei quattro dichiarati in orario. E, incredibile, si è anche presentato in orario alla partenza. Poi però, rendendosi conto che la sua puntualità disturbava la circolazione ritardata di tutti gli altri, il locomotore ha deciso di guastarsi fra Treviglio e Romano, e così a Brescia ci siamo arrivati alle nove e cinquantuno, con solo, esattamente, trenta minuti di ritardo.
Non vi dico cosa era successo dei treni che stavano dietro al nostro...

Signori dirigenti delle ferrovie, siete dei cialtroni.

12 gennaio 2005

Racconti dal treno: arroganza e idiozia

Cari signori dirigenti delle ferrovie, visto che le cose che scrivo sono evidentemente imbarazzanti e non me le pubblicate su quella raccolta di menzogne che è la vostra rivista, me le pubblico da solo. Qualcuno prima o poi le leggerà.
Cari signori dirigenti delle ferrovie, lasciatevelo dire. Siete dei cialtroni.
Questa mattina, a Lambrate, l’altoparlante annunciava tremendi ritardi sulla linea di Torino, “per cause non dipendenti dalle ferrovie”. L’annunciatrice calcava molto l’accento sulla parola “non”, intendendo chiaramente che per una volta tanto la colpa era di qualcun altro: loro, poverini, questa volta proprio non c’entravano.
Ho pensato al solito suicidio del lunedì, e come sempre ho cominciato a riflettere sulla tristezza di chi se ne va in maniera così brutta. Poi, visto che oggi non è affatto lunedì, ho cercato di convincermi, chissà perché, che fosse un pullman incastrato su un passaggio a livello... Ipotesi poco probabile, ma verosimile. E mi immaginavo questo pachiderma di lamiera messo di traverso sulle rotaie, con intorno uno sciame di ferrovieri, passeggeri, pompieri e chissà chi altro che si agitavano, si davano da fare, cercavano di spingerlo per portarlo via dai binari. Vi è mai capitato di trovare, nella terra, un grosso coleottero morto, uno di quelli che sembrano di metallo, tutti belli lucidi e splendenti, con intorno uno sciame di formiche che cercano di portarselo via? Tirano, spingono, corrono da tutte le parti, e sembra che i loro sforzi non sortiscano alcun effetto. Eppure, a guardarla bene, la carcassa si sposta: un millimetro, un altro, un altro ancora, e se avete un po’ di pazienza fra poco non ci sarà rimasto più nulla.
Bene, adesso prendete un lombrico (il treno), mettetelo lì vicino e avrete davanti agli occhi quello che la fantasia mi suggeriva.
Bah, cose che succedono...
Poi, stasera, ho saputo che invece il blocco della linea era dovuto a un gruppo di pendolari esasperati, a cui, come avrete ormai capito, va tutta la mia solidarietà di pendolare esasperato, appunto.
E quindi, secondo la ben nota teoria per cui tutti i guai sono causati dai passeggeri (vedi l’altra mia nota in proposito), la colpa dei ritardi di oggi non sarebbe stata delle ferrovie, ma di quei giocherelloni dei pendolari che tanto per divertirsi un po’ avevano occupato i binari.
Signori dirigenti delle ferrovie, siete dei cialtroni.